Mauro Cavoli, Fernanda Leonardi e Nino Zaccarelli
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“[…] Un giorno i tedeschi arrivarono senza che lui facesse in tempo a fuggire e circondarono il letto, in cui c’era anche mia mamma, con mitra e fucili spianati. Lo prelevarono e lo portarono a Urbino. Il giorno dopo lo fucilarono. Mia mamma dovette andare a Urbino nella fossa comune a riconoscerlo e a portarselo via. Mia mamma all’epoca aveva 20 anni. Per una ragazza così giovane un’esperienza simile non poteva essere che traumatica ma, mia mamma, ha sempre avuto una grande forza per vivere sempre la vita con un sorriso nonostante tutto. Questo me lo ha tramandato. […]”

Le testimonianze di Alberto Cavoli, figlio di Fernanda, e Cesare Leonardi, cugino di Fernanda e Nino

Mia madre Fernanda era fidanzata con Nino. Nonostante la situazione complicata, Nino decise comunque di sposarsi con Fernanda e si diede alla macchia assieme alla novella sposa. Si nascondeva nelle campagne dove i contadini, quando i tedeschi facevano i rastrellamenti, lo avvisavano così che lui potesse scappare e nascondersi. Un giorno i tedeschi arrivarono senza che lui facesse in tempo a fuggire e circondarono il letto, in cui c’era anche mia mamma, con mitra e fucili spianati. Lo prelevarono e lo portarono a Urbino. Il giorno dopo lo fucilarono. Mia mamma dovette andare a Urbino nella fossa comune a riconoscerlo e a portarselo via. Mia mamma all’epoca aveva 20 anni. Per una ragazza così giovane un’esperienza simile non poteva essere che traumatica ma, mia mamma, ha sempre avuto una grande forza per vivere sempre la vita con un sorriso nonostante tutto. Questo me lo ha tramandato. Quindi, da giovane vedova, poi sposò il mio papà Mauro e da quella grande tragedia siamo poi nati noi quattro che altrimenti non ci saremmo stati.

Per segno del destino Nino e Mauro sono sepolti uno di fianco all’altro nelle rispettive tombe di famiglia. Viva la vita!

[…]Fernanda aveva una sorella, Rosy, che era fidanzata con Filippo Zaccarelli, fratello di Nino. Filippo, dottore, partecipò alla campagna di Russia e rimase disperso nella ritirata.

Testimonianza di Alberto Cavoli

[…] il 15 o 16 settembre (1943) mi giunse la cartolina rosa per il richiamo di leva. […] Non mi presentai alla chiamata e quindi divenni disertore. Anche Nino Zaccarelli ebbe il richiamo e anch’egli disertò.[…] Stemmo nascosti a San Bartolo con Nino e Nando (Siepi). Trascorrevamo le nostre giornate a giocare a carte, a dama, ecc. o a leggere, rintanati entro un nascondiglio ricavato nella vegetazione dietro la casa sotto le querce dei Zaccarelli ove c’erano anche tanti rovi.[…] (a fine ottobre, poi, vennero comunque arruolati). Verso la fine di dicembre (1943), con la moto Gilera del Comando, fui comandato a portare a Ravenna il figlio del Capitano Giovannelli. In tale occasione là incontrai per l’ultima volta Nino Zaccarelli che prestava servizio per l’addestramento in tale città.[…] Il 14 luglio fu fucilato Nino Zaccarelli dai fascisti, a Urbino. Nino […] chiese la licenza matrimoniale per sposare Fernanda Leonardi (lui mi era cugino per parte di mamma, mentre Fernanda per parte di babbo). Trascorsi i 15 giorni della licenza, Nino anziché rientrare al corpo, si rifugiò con la moglie a Bistugi di Urbania, in una sperduta colonia di proprietà Zaccarelli. Durante un rastrellamento, effettuato nella zona dai fascisti, fu preso e portato in prigione in Urbino e il mattino seguente fucilato perché dichiarato disertore.

Testimonianza di Cesare Augusto Leonardi, tratto dal libro “Il ragazzo in bicicletta” a cura di Matilde Leonardi
Intreccio famiglia Cavoli Leonardi Massarini Zaccarelli

Mauro Cavoli, padre e figlio

Mauro Cavoli fu un Generale di Artiglieria, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare e di Medaglia di Bronzo al Valor Militare, che combatté nella Prima Guerra Mondiale dove rimase ferito e rimase claudicante.

Medaglia d’Argento al Valor Militare

Durante un’intera giornata di fuoco, in cui le batterie e l’osservatorio di gruppo furono sottoposti a tiro aggiustato di grossi calibri nemici, sprezzante del pericolo e solo, compreso da un elevatissimo sentimento del dovere, benché ripetutamente contuso da sassi lanciati dall’esplosioni e leggermente ferito al viso, corse sempre prontamente nelle posizioni sconvolte, e impartendo ordini con mirabile calma e serenità, rincuorando tutti con l’esempio con l’emulazione, provvide a che le dipendenti batterie continuassero ugualmente il tiro con regolarità, calma e precisione.

Chiesa dell’Angelo, 15 giugno 1916

Medaglia di Bronzo al Valor Militare

Comandante di un gruppo di tre batterie, stabiliva il proprio osservatorio sulla parte più avanzata di un trinceramento e traendo profitto da un’ardita punta di fanteria, si spingeva con essa in osservazione per studiare il modo di migliorare il tiro dei dipendenti reparti.

Carso, 21 ottobre 1915

Suo figlio, anch’egli Mauro Cavoli, classe 1912, frequentò la scuola di Cavalleria di Pinarolo. Fu un Tenente di Cavalleria. Combatté nella Guerra di Spagna e, poi, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu impegnato in Jugoslavia. Fu decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Sposò Fernanda Leonardi, vedova di guerra.

Medaglia di Bronzo al Valor Militare

Condusse all’assalto il proprio plotone con perizia e coraggio. Ferito alla gamba sinistra rifiutava qualsiasi cura e noncurante dell’abbondante perdita di sangue continuava l’avanzata incitando i suoi con l’esempio e con la voce finché si abbatteva sfinito vicino alla trincea nemica.

Dehesa Boyal, 24 settembre 1937

Una delle notizie che mi ha toccato di più fu quando, in una notte d’estate, ebbe il coraggio di raccontarmi cosa successe in Jugoslavia: le foibe.[…] In sala, spense le luci, aprì le finestre e, con anche grande fatica fisica, mi raccontò cosa visse, indirettamente ovviamente: i partigiani di Tito prendevano 10 italiani tra militari e non, li legavano con del fil di ferro e sparavano al primo facendolo cadere in questa cavità dall’alto. Gli altri 9, se fortunati, potevano morire di caduta, altrimenti avrebbero rischiato la fine peggiore, ossia la morte di stenti. Qualcuno per fortuna si è salvato e ha potuto raccontare. Queste atrocità di guerra devono essere raccontate.

Testimonianza di Alberto Cavoli
Cartolina Postale, Mauro Cavoli, Scuola di Cavalleria di Pinarolo, estate 1936 (fronte)
Cartolina Postale, Mauro Cavoli, Scuola di Cavalleria di Pinarolo, estate 1936 (retro)

Aneddoto sul numero 12

Se dovessi raccontare qualche aneddoto, direi che la mia famiglia è il numero 12. Perché? Andiamo con ordine. Dopo le due figlie femmine, Maria Alessandra, detta Alessandra, e Giuliana, i miei genitori desideravano un figlio maschio. Quando mia madre rimase incinta, andarono a San Giovanni Rotondo a chiedere la grazia a Padre Pio. Allora, Padre Pio era disponibile per la confessione e poi anche per parlare. […]

La notte prima, in un albergo di San Giovanni Rotondo, lei fece un sogno. Sognò che in un’aia di contadini arrivò un frate, con le sembianze di Padre Pio, con una verga in mano. Fece un cerchio, come in un orologio segnò 12 numeri, dall’uno al dodici, e appoggiò questa verga per due volte sul 12.
Mio fratello, maschio, Giordano, è nato il 12/12.
Ma anche mia mamma era nata il 12/12.
Mia nipote Vittoria, dalla parte di Alessandra, è nata il 12/12.
Mio padre è nato nel 1912. Il nostro numero civico era il 12. Io sono nato il 12 gennaio. Mia figlia è nata il 24 febbraio: 24 diviso due fa 12. Il civico in cui abito oggi è il 93: 9+3 fa sempre 12.

Ridendo e scherzando, il 12 in famiglia ritorna, quindi, la famiglia Cavoli si contraddistingue con il numero 12.

Testimonianza di Alberto Cavoli