Otello Paci in divisa militare
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“[…] Mio padre, insieme a dei suoi amici commilitoni, si trovava in cima al ponte. A un certo punto videro due strisce luminose nel mare. Capirono subito che erano dei siluri che avrebbero affondato la nave. Ebbero il tempo di mettere i giubbotti salvagente e di buttarsi giù dal ponte. Centinaia di persone si ritrovarono in acqua. Si chiamavano l’uno con l’altro per capire se tutti stavano bene. Da quel momento in poi, per oltre 12 ore, furono circondati da squali che fecero una mattanza allucinante, vissuta drammaticamente in diretta da coloro che non furono attaccati, come mio padre. La mattanza, con le urla, continuò per tutta la notte. Al mattino ci fu il recupero dei superstiti in un mare di sangue e corpi dilaniati […]”

Intervista a Luciano, figlio di Otello Paci, aviere a guardia di aeroporti in fase di trasferimento

24 maggio 1941 ore 20.40 attacco al Conte Rosso

Un sommergibile inglese, a cui erano rimasti solo due siluri, attaccò il Conte Rosso, centrandolo in pieno e facendolo affondare in pochissimi minuti.

Da qui parte la storia di mio padre che mi raccontò una volta sola, tanto erano orribili, se non devastanti, i ricordi.

Lui, insieme a dei suoi amici commilitoni, si trovava in cima al ponte e stavano chiacchierando. La maggior parte della truppa, invece, era sotto a dormire nelle camerate della nave. A un certo punto mio padre e gli altri commilitoni videro due strisce luminose nel mare che si avvicinavano verso la nave. Capirono subito che erano dei siluri e che la nave sarebbe stata affondata. Ebbero il tempo di mettere i giubbotti salvagente e di buttarsi giù dal ponte.

Il transatlantico Conte Rosso in navigazione
Il transatlantico Conte Rosso in navigazione

Entrati in acqua non riuscivano più a risalire in superficie perché, da sopra, continuavano a lanciarsi a centinaia. Passarono secondi se non minuti, comunque un tempo lunghissimo, prima di tornare a galla. In acqua si chiamavano l’uno con l’altro per vedere se tutti stavano bene o meno. Mentre accadeva questo, arrivarono gli squali. Da quel momento in poi, per oltre 12-15 ore furono completamente circondati da squali che fecero una mattanza allucinante, vissuta drammaticamente in tempo reale dai coloro, che per fortuna, non furono attaccati, come mio padre. Ogni tanto si sentiva urlare “Aiuto, le gambe!”. Mio padre mi riportò il particolare di un soldato napoletano, che per tirar su il morale, incominciò a raccontare delle barzellette mentre gli squali attaccavano. La mattanza, con le urla, continuò per tutta la notte. Al mattino arrivarono le navi messe a disposizione del Conte Rosso e con le scialuppe raccolsero i superstiti in un mare di sangue e corpi dilaniati. All’arrivo delle scialuppe successe un’altra tragedia: alcuni militari, ovviamente spaventati e con gli squali sotto che continuavano ad attaccare, si “lanciarono” dall’acqua verso una scialuppa che, nel tentativo di salire, rovesciarono. Quindi, sulle altre scialuppe, per paura che si rovesciassero, i militari che erano a bordo incominciarono a sparare verso questi poveretti che in acqua cercavano di salvarsi dagli squali. Mio padre è stato uno dei pochi fortunati che è riuscito a venirne fuori senza essere “colpito” dagli squali e dalle pallottole, fra l’altro, dei suoi commilitoni. Mio padre e gli altri superstiti furono trasportati in Sicilia e qui rimasero nel silenzio e nascosti alla pubblica opinione perché l’affondamento del Conte Rosso sarebbe stato visto come una disfatta per la Marina Italiana.

Un giorno vennero chiamati per il riconoscimento delle “salme” (pezzi di corpi) recuperate da altre navi. Mio padre, insieme ad altri, cercò di fare il riconoscimento ma fu impossibile perché quanto recuperato era un ammasso “di non si sa che cosa”, ricoperto da petrolio.

Otello Paci
Otello Paci (1/12/1919-6/5/2014) nato a Urbino e vissuto a Pesaro

Mio padre fu rimandato a casa. Prese il treno a Napoli per tornare a Urbino. A un certo punto dovette effettuare una parte del percorso a piedi. Dentro a un bosco incontrò un commilitone italiano che, sentendo camminare nel bosco, gli puntò il fucile per sparargli. Mio padre iniziò a parlare e piano piano gli fece capire che non era un nemico ma anzi uno sfortunato come lui. Il soldato abbassò il fucile e finalmente tornò a casa. Dall’affondamento al rientro passarono mesi.

Ho provato più volte a chiedere a mio padre di raccontarmi di più, ma lui riuscì a parlarmene solo una volta. Molto spesso mi sono chiesto come ha fatto a non impazzire, a non aver delle conseguenze psicologiche. Mio padre si riprese bene. L’unica cosa non riuscì più a mangiare il pesce, pensando alle persone in pasto agli squali.

Questa è la vera guerra. Questa va raccontata, soprattutto ai ragazzi.

NAVE CONTE ROSSO 80 ANNI DOPO: ONORI AI 1300 MILITARI CADUTI

Scritto da Sandro Addario lunedì, 24 maggio 2021

MAR JONIO MERIDIONALE – Son passati 80 anni esatti dal 24 maggio 1941, quando 1300 militari italiani persero la vita nel mar Jonio per l’affondamento del transatlantico «Conte Rosso». Tanti nomi, oltre a quello della stessa nave, dimenticati dalla storia che li ha lasciati per sempre sul fondale di circa 2500 metri al largo di Siracusa.

Il Conte Rosso, leggendario transatlantico impiegato sulle rotte delle Americhe, all’inizio della Seconda Guera Mondiale, venne utilizzato dalla Regia Marina per trasporto truppe verso la Libia. Come nel caso del 24 maggio 1941, quando salpò all’alba da Napoli in direzione Tripoli. A bordo, con l’equipaggio di 280 marinai, c’erano 2449 tra militari dell’Esercito e un’aliquota di Carabinieri.

Lo affiancavano altre tre grandi navi passeggeri adibite al trasporto di truppe: i piroscafi Marco Polo ed Esperia e la motonave Victoria. La scorta era fornita dalle torpediniere Procione, Pegaso e Orsa, e dal cacciatorpediniere Freccia. Al comando del convoglio vi era il contrammiraglio Francesco Canzoneri. In mare vi era anche una scorta indiretta costruita dagli incrociatori pesanti Trieste e Bolzano e dai cacciatorpediniere Ascari, Corazziere e Lanciere.

 

L’ATTACCO

Alle 20.40, al largo di Siracusa, il convoglio italiano fu intercettato dal sommergibile inglese HMS Upholder di stanza a Malta, al quale, dopo giorni di operazioni, erano rimasti solo due siluri. Furono lasciati consecutivamente contro il cacciatorpediniere Freccia che riuscì a schivarli con una manovra repentina ma non a impedire che andassero a segno proprio contro il Conte Rosso. Colpita al cuore, la nave affondò di prua in una decina di rapidissimi minuti. Si trovava a circa 10 miglia a est di Capo Murro di Porco, poco a sud di Siracusa. E lì è rimasta, su un fondale profondo oltre due chilometri e mezzo.

L'area dell'affondamento del Conte Rosso

L’area dell’affondamento del Conte Rosso

Nell’affondamento persero la vita 1297 militari e vennero recuperate soltanto 239 salme, nonostante il prodigarsi delle unità che facevano parte della scorta. Il Conte Rosso è la nave italiana, di cui la storia si è presto dimenticata, che nella Seconda Guerra Mondiale, prima dell’armistizio, ebbe il maggior numero di vittime. La precede, in questa tragica classifica di guerra, solo la Corazzata Roma affondata dai tedeschi il 9 settembre 1943 davanti all’isola dell’Asinaara, pochi giorni dopo l’armistizio tra l’Italia e gli angloamericani. Non tornarono a casa 1352 marinai.