Osvaldo Pandolfi (all'età di 75 anni)
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“[…] Arrivato in Germania, a Essen, Osvaldo fu portato a lavorare in una miniera di carbone. Ormai erano sei mesi che non aveva più notizie dei suoi genitori e dei suoi fratelli. La scarsa quantità di cibo nel lager aveva ridotto Osvaldo a trentasette chilogrammi di peso. Soffriva molto. Ogni giorno lavorava quattordici ore. Le gambe si gonfiavano. Alle sei di ogni mattina c’era la sveglia e veniva eseguito l’appello, chiamando non per nome ma con il numero di matricola. Osvaldo aveva appeso al collo la matricola con il suo numero, 2374 […]”

La testimonianza di Ugo Pandolfi in ricordo del nonno Osvaldo

Estratto dalla sua tesina, con la partecipazione di Paolo Vagnini, classe 3^A, Scuola Media Statale A. Olivieri a.s. 1997/1998

Osvaldo Pandolfi nacque a Urbino il 3 agosto del 1922. Sua madre partorì cinque figli e una figlia: Elso, Oldenio, Solindo, Lazzaro, Osvaldo e Maria.
Visse tutta l’era fascista con i fratelli. A diciotto anni entrò a fare il militare e due anni dopo fu chiamato dall’esercito italiano per andare a combattere la Seconda Guerra Mondiale a fianco della Germania. Vennero chiamati anche i suoi quattro fratelli.

Osvaldo, naturalmente scontento di dover lasciare la sua casa e suoi cari, partì il diciassette gennaio del 1942. Da Urbino raggiunse, in treno, Cervignano in provincia di Udine. Qui restò circa un mese. Alla domenica andava alla messa con il suo tenente maggiore e tutta la sua compagnia militare (quarto battaglione complemento – secondo reggimento fanteria). Percorrendo la strada a tappe da Cervignano passò all’accampamento di Redipuglia, nel centro del Friuli Venezia-Giulia. Qui Osvaldo si esercitò con il fucile e percorse tragitti militari specifici per aumentare la propria abilità e i propri riflessi. In seguito, scese a Trieste. Nella città pattugliava la ferrovia durante la notte. I partigiani si aggiravano spesso da quelle parti, soprattutto per fare sabotaggi. Osvaldo cercava, quindi, di proteggere la linea ferroviaria da eventuali attacchi.

Quando l’Italia spezzò l’alleanza con la Germania, stipulata nel 1936 con l’asse Roma-Berlino, Osvaldo scese a Spalato, in Croazia, con la speranza di salire in una nave mercantile e ritornare in patria per combattere a fianco dell’Italia. Ma nell’ottobre del 1943 venne catturato, sempre a Spalato, dai Tedeschi ormai nemici. Essi portarono Osvaldo in Germania con tutta la sua compagnia. Per raggiungere la stazione del treno dovette camminare per circa dieci chilometri.
Nel tragitto le fatiche si fecero sentire e cadde a terra stremato. Fortunatamente due suoi compagni gli diedero soccorso. Arrivato alla stazione sali nel treno diretto per la Germania. I Tedeschi lo sistemarono in un “vagone-bestiame” assieme ad altri quarantanove compagni. Le condizioni di vita erano davvero critiche. Dieci persone si spartivano un chilogrammo di pane. Per mangiare usavano la gavetta.

La situazione peggiorava con gli escrementi. Si dovevano fare nella gavetta stessa ma rimaneva sempre il problema di gettarli. In alto dove la fiancata del vagone faceva un angolo vi era un foro di dimensioni ridottissime. Da questa fessura, eseguendo un passamano, si smaltivano le feci.

Arrivato in Germania, a Essen, Osvaldo fu portato a lavorare in una miniera di carbone. Ormai erano sei mesi che non aveva più notizie dei suoi genitori e dei suoi fratelli. La scarsa quantità di cibo nel lager aveva ridotto Osvaldo a trentasette chilogrammi di peso. Soffriva molto. Ogni giorno lavorava quattordici ore. Le gambe si gonfiavano. Alle sei di ogni mattina c’era la sveglia e veniva eseguito l’appello, chiamando non per nome ma con il numero di matricola. Osvaldo aveva appeso al collo la matricola con il suo numero, 2374. Un tedesco (da lui soprannominato “buono”) che controllava il lavoro svolto dai minatori, gli buttava sempre un tozzo di pane con la marmellata. Tutto questo però senza farsi scoprire dalle altre guardie. Osvaldo due volte al mese scriveva ai suoi. I Tedeschi, allegato alla lettera, davano un “buono” che serviva alla famiglia del detenuto a procurargli un pacco contenente due chilogrammi di pane, del formaggio e qualche fetta di salame. Un giorno nel tragitto per andare in miniera, Osvaldo raccolse una barbabietola da zucchero, un tedesco alle spalle lo vide e lo puni con un colpo sulla schiena con il moschetto (fucile). Osvaldo non pensava di ritornare a casa e di rivedere i suoi famigliari.

Lavorò due anni in miniera e con molta fortuna e grande coraggio resistette a tutte le fatiche.
Fu liberato dalle forze alleate nei primi mesi del 1945. Fu tenuto dagli anglo-americani per cinque mesi, finché non fu rimpatriato nel 10 settembre del 1945. Suo fratello ritornò nel giugno dello stesso anno.

Osvaldo quando ritornò venne a sapere che suo fratello, chiamato anche lui a combattere la Seconda Guerra Mondiale, era stato in Jugoslavia sotto il comando del generale Tito. Osvaldo nello stesso periodo era in Croazia con l’esercito italiano e se avesse combattuto contro i partigiani avrebbe potuto incontrare suo fratello dalla parte nemica.

Quando entrò nel campo di lavoro, ormai aveva 21 anni e per riconoscimento, dovette fare una piccola foto (nell’immagine è ingrandita). La targhetta davanti a lui non è il suo numero di matricola, ma è il numero delle fototessere scattate dal fotografo.

Carta di identità del profugo di guerra

Nel campo di concentramento veniva consegnata una piccola scheda che definiva le caratteristiche, l’equipaggiamento e i soccorsi del prigioniero. In caso di smarrimento di tale documento non si aveva più diritto a ricevere equipaggiamento e cibo.

Scheda di rimpatrio

Questa licenza garantiva al prigioniero il rimpatrio nel suo paese. Senza di questa non si poteva effettuare il viaggio.

Buono per 10 marchi dell’impero tedesco

Il presente buono vale unicamente come mezzo di pagamento per prigionieri di guerra e può essere speso o ricevuto da loro soltanto all’interno dei campi di prigionia oppure presso comandi di lavoro nei punti di vendita indicati espressamente per tale scopo. La conversione del presente buono in mezzi di pagamento legali può essere effettuato soltanto presso la cassa competenze dell’Amministrazione del campo. Trasgressioni, imitazioni e falsificazioni vengono punite.

Modulo di Licenza

Osvaldo Pandolfi al ritorno dal campo ricevette una somma in denaro in funzione di rimborso.

Medical Certificate – Certificato Medico

In questa scheda venivano definite le condizioni fisiche e psichiche dei prigionieri durante il loro rimpatrio.

Durante la prigionia, Osvaldo soleva inviare lettere ai suoi familiari

Osvaldo spedì il 3-12-1943 una lettera ai suoi genitori richiedendo anche il pacco. Questo era richiesto dal prigioniero alla sua famiglia tramite un buono che veniva consegnato dai tedeschi per procurarsi il cibo.

Registration Card – Carta di Registrazione

È un piccolo foglio di riconoscimento immediato. Con questo si poteva accedere a qualsiasi viaggio.

Index Card – Scheda di riconoscimento

Anche questa scheda serviva per il riconoscimento immediato. Venivano scritti nome e cognome e, il numero del Centro di Raccolta di Milano, del profugo.
La traduzione delle quattro righe presenti nel riquadro è la seguente:

“Conservare questa carta per tutto il tempo in cui ti assistiamo nel tuo ritorno a casa. Il tuo numero di registrazione ed il tuo nome identificano te e la tua carta di registrazione.”

Nella fotocopia possiamo notare inoltre una lettera e la matricola di Osvaldo. Quella rotonda è del campo di lavoro, mentre quella rettangolare è dell’esercito italiano.

Richiesta di pensione per ex deportati nei campi di sterminio

Osvaldo riempendo un modulo ha chiesto di ottenere una pensione per essere stato rinchiuso in un campo di lavoro. La commissione che ha esaminato tale modulo, ha ritenuto inopportuno dare a Osvaldo questa pensione, perché era destinata unicamente ad ex prigionieri di campi di sterminio nazisti.

Corce al Merito di Guerra

Nell’aprile del 1972 Osvaldo ricevette la Croce al Merito di Guerra, ossia una onorificenza.

Osvaldo durante la sua permanenza in Germania, andò a lavorare nel campi di lavoro di Essen (si può notare sulla cartina).