“I miei antenati al servizio della Patria”, di Tullio Martini
Tratti dai rispettivi Alberi Genealogici stilati dal discendente Martini Tullio dietro tramandati ricordi, testimonianze e documentazione

Giampaoli Eufemia
Per l’autore Tullio Martini, la sua bisnonna paterna Giampaoli Eufemia rappresenta tutte le donne delle Casate da cui discende, che hanno sofferto le vicissitudini di tutte le guerre.
Elogio di Martini Tullio
dedicato alla Bisnonna paterna
Giampaoli Eufemia (1866-1934)
L’autore Tullio Martini, fra tutte le donne delle Casate da cui discende, che hanno sofferto le vicissitudini della Grande Guerra, si sente di evidenziare la sua bisnonna paterna Eufemia perché, al dire di chi l’ha conosciuta personalmente, ha sofferto moltissimo sino all’ultimo dei suoi giorni.
Sino all’ultimo perché quelle vicissitudini si sono prolungate per anni e anni, anche con delle conseguenze drammatiche.
Eufemia, per resistere all’immane dolore, di notte, invece di riposare, pregava e versava lacrime per i cari scomparsi, di giorno, con il grande cuore di mamma, aiutava in ogni modo tutti coloro che avevano subito i suoi stessi drammatici eventi. Eventi che portarono a Eufemia la perdita dei seguenti familiari.
La figlia Elvira, in Bartoloni, deceduta a 28 anni, nel 1922, in seguito alla morte del marito “Bartoloni Fortunato – Morto a causa della Grande Guerra del 1915-1918”, come è ricordato nella targa nel Monumento eretto per i Caduti di guerra del comune di Barchi di PU, (oggi di Terre Roveresche di PU).
Bartoloni Fortunato ha partecipato alle campagne di guerra nel 1915, 1916, 1917, 1918 e durante questi anni è stato trasferito in sei Reggimenti di Fanteria diversi, prima di essere mandato in congedo illimitato il 30 ottobre 1919.
Tutto questo ha condizionato negativamente il contatto con i propri cari e quando finalmente si è ricongiunto a loro, hanno prevalso le conseguenze negative della guerra e, purtroppo, il 24 gennaio 1921 è deceduto.
Questo evento ha fatto peggiorare la salute della moglie Elvira al punto che li ha raggiunto poco dopo, lasciando la loro bambina Matia all’amore della nonna Eufemia.
Il coniuge Antonio Gambioli, deceduto a 64 anni nel 1924. Antonio è stato impegnato militarmente – oltre al servizio di leva – dal 1889 al 1899.
La nipote Elvira Gambioli, di Ernesto e Ida Sartini, deceduta nel 1927 a soli 58 giorni.
La figlia Elisa, deceduta a 37 anni, nel 1928, dopo anni di sofferenza per malattia polmonare che gli è sopraggiunta quando ancora il coniuge Luigi Martini era impegnato nella Grande Guerra. Luigi, infatti, fu chiamato alle armi dal 1913 al 1919 e in questo periodo Elisa rimase quasi sempre sola, con due figli piccoli, supportata dalla madre Eufemia.
Il figlio Adolfo, deceduto a 40 anni, nel 1928, vale a dire appena 9 anni dopo essere stato “Inviato in licenza straordinaria” per i postumi della Grande Guerra a cui partecipò dal 1914 al 1919, dove più volte è rimasto ferito.
I Martini
Martini Giuseppe
di Domenico e di Carbonari Domenica
nato nel comune di Fossombrone, PU, il 20 agosto 1857
Nel 1877 domiciliato nel comune di Fossombrone, PU, Circondario di Urbino
Mandamento di Fossombrone
Distretto Militare di Pesaro
- Arruolato di leva 2^ Cat. cl. 1857
- 7 novembre 1877 – Soldato nel Distretto di Pesaro
- 7 novembre 1877 – Lasciato in congedo illimitato
- 31 dicembre 1897 – Prosciolto definitivamente dal servizio*
- Soldato di leva 1^ Cat. cl. 1885
- 3 maggio 1905 – Distretto di Pesaro
- 24 novembre 1905 – Chiamato alle armi e giunto
- 28 novembre 1905 – Mandato rivedibile – per postumi di distorsioni
- 2 giugno 1916 – Già riformato è stato richiamato nel Distretto di Pesaro e inscritto – Soldato di 1^ Cat. con la cl. 1886
- 11 luglio 1916 – Chiamato alle armi e giunto
- 26 luglio 1916 – Tale nel Deposito del 68° Reggimento Fanteria
Tale nel reparto Mitragliatrici Fiat - 31 maggio 1917 – Comando Divisione territoriale di Milano e in territorio dichiarato in istato di guerra
- 3 novembre 1917 – Prigioniero di guerra
“Dato per disperso” - 6 marzo 1918 – Morto in prigionia
(Atto di morte comune di Sorbolongo in data 24 marzo 1925) - Campagna di guerra 1917
- Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa 1915-1918 istituita 29 giugno 1920 e di porre sul nastro della Medaglia la fascetta corrispondente agli anni di campagna (1917).
- Autorizzato a fregiarsi della Medaglia al Ricordo dell’Unità d’Italia di cui al R.Decreto 19 ottobre 1922 n. 1362*
- Soldato di leva 1^ Cat. cl. 1888
- 12 maggio 1908 – Distretto di Pesaro e lasciato in congedo ill.
- 18 ottobre 1908 – Chiamato alle armi e giunto
- 28 ottobre 1908 – Tale nel 15° Regg. Cavalleggeri di Lodi, meritandosi di essere iscritto alla 2^ classe
- 1909 – Cavaliere di 1^ classe
- 22 novembre 1910 – Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà e amore
- 3 novembre 1911 – Tale nel Regg. Cavalleggeri che ha sede a Faenza e mandato in congedo
Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà e amore - 5 agosto 1913 – Chiamato alle armi per istruzioni e giunto
- 3 settembre 1913 – Inviato in congedo ill. Faenza
- 31 dicembre 914 – Tale nel 2° Regg. Artiglieria da Campagna (treno)
- 15 maggio 1915 – Richiamato alle armi e giunto
- 17 maggio 1915 – Tale nel 31° Regg. Artiglieria da Campagna (treno)
- 28 maggio 1916 – Tale in territorio di guerra
- 16 agosto 1916 – Appuntato in detto
- 15 ottobre 1917 – Tale nel 7° Artiglieria da Campagna (8^ parco Carreggio Salmeria)
- 15 agosto 1919 – Mandato in licenza ill.
- Campagna di guerra 1915-16-17-18
- 17 settembre 1921 – Ha ricevuto il premio di congedamento in £ 250 da concessa dichiarazione di buona condotta e di aver servito con fedeltà e amore
Sorbolongo - 21 novembre 1922, Roma – A. Diaz – Ricevuta Medaglia e Attestato
- 30 aprile 1930 – Ripristinato nella posizione di congedo illimitato
Tale iscritto nel ruolo 71B della forza in congedo del Distretto Militare di Pesaro*
Le foto e i ricordi
Da ragazzo chiedevo spesso a mio nonno Luigi, se ne aveva, di farmi vedere delle foto di quando era soldato nella Grande Guerra e di raccontarmi alcuni fatti di quel periodo.
Lui, un giorno, mi rispose
«vedi Tullio, raccontare il vissuto dei soldati non è facile, perché significa parlare solo di sofferenze e di brutti momenti. Specie quando ti sei trovato nei campi di battaglia. Lì dove, dopo un cannoneggiamento, o dopo le raffiche delle mitraglie, e dove si è combattuto all’arma bianca, ti imbatti, anche, in quei commilitoni che non hai nemmeno mai visto, ma ti bisbigliano le loro ultime parole: “Salutami la mamma e il babbo”; “Abbraccia i miei figli”; “Chiama mia moglie”; “Avvisa la mia famiglia”; “Salutami la mamma”; ecc…e così in tutti i combattimenti»
Ed è stato solo dopo alcuni mesi e per diverse sere, dopo cena, mentre fumava la pipa che aveva acceso con un accendisigaro ricavato da un proiettile di quel periodo, che iniziò a raccontarmi alcuni episodi che lo coinvolsero direttamente:
«Molte volte anche io ho sofferto la fame, la sete, il caldo e il freddo, specialmente quando ero esposto alle intemperie, e mi sono trovato anche molte volte in situazioni di pericolo, sino a sentirmi abbandonato.
In quei momenti, solo il pensiero di rivedere i miei cari mi ha dato la forza di superare le difficoltà e le paure.Di foto, Tullio – estraendone una dal portafogli – ho solo questa ed è stata fatta nel 1917 quando ero al 7° Artiglieria da Campagna, addetto a conducente di un carro trainato da una quadriglia di cavalli, a rifornire di armi e munizioni le prime linee del fronte, là dove non potevano arrivare mezzi a motore.
In questa foto io ci sono per puro caso perché, mentre stavo andando in scuderia sono stato invitato da questi amici, che stavano pranzando, per un “cin-cin” al reparto con un bicchiere di vino nero.
Ed è stato proprio in quel momento che uno di loro ha tirato fuori dal baule una macchina fotografia scattando questa improvvisata foto.
Improvvisata perché, come si vede, ha colto tutti, anche se appartenenti allo stesso Reggimento, con le uniformi disuguali, perché erano quelle più adatte per svolgere i veri servizi del momento.
Io, per esempio, che sono il quarto in piedi da sinistra, ero in tenuta da scuderia (detta ‘tenuta da scuderia’ perché era l’uniforme più malandata che avevo e l’usavo una volta la settimana esclusivamente per verificare lo stato dei cavalli, per fare la manutenzione ai loro finimenti e al carro, compresi gli accessori, perché tutto fosse efficiente per l’uso a cui mi erano stati assegnati).
Per questo nella foto mi trovo con un vecchio berretto, una vecchia camicia, che lasciava liberi i movimenti (vedi le maniche arrotolate), un vecchio paio di pantaloni tenuti stretti ai fianchi con una malridotta cintura e ai piedi (anche se qui non si vedono) portavo un paio di scarpe che avevo tolto a un austriaco.
Erano della mia misura e ancora buone: tanto lui non le poteva più usare!
Nei quattro anni di guerra, ho avuto tanti incarichi, dove potevo rimanere anche ferito, ma in questo, dove rifornivo di armi e munizioni le prime linee al fronte, che il più delle volte si faceva di notte, con le vie dei rifornimenti sempre sotto tiro dei cecchini nemici, voleva dire, se colpiti anche da un proiettile vagante, saltare in aria con carro e cavalli.
All’andata portavo armi nuove e riparate e munizioni di ogni calibro, mentre al ritorno portavo armi rotte, bossoli vuoti ma anche bossoli inesplosi».
Ma nonno, per non pensare sempre al peggio, ci scherzava sopra, e ogni volta che partiva lasciava detto al personale del deposito “se non torno non cercatemi in terra perché sono arrivato in cielo sena passare per il purgatorio”.
«Un altro grosso pericolo che mi poteva capitare – continuava nonno – era quando arrivavo a destinazione perché la potevo trovare conquistata o riconquistata dal nemico.
Questo mi stava succedendo una volta in un freddo e nebbioso mezzogiorno nei dintorni di Caporetto, mentre seguivo il percorso assegnatomi dal deposito alla destinazione con i cavalli al trotto.
All’improvviso, in un crocevia, da dietro una siepe sbucò un gruppo di soldati per fortuna della Fanteria Italiana e fra loro c’era un Ufficiale Superiore il quale si avventò davanti ai miei cavalli fermandoli e urlando “Ma dove vai? Stai portando le munizioni agli austriaci?”
Sul momento credevo di aver sbagliato strada, ma, controllando gli ho fatto vedere che ero sul giusto percorso.
Lui, però, continuando a urlare, mi disse che quella quota non era più nostra e mi ordinò di tornare immediatamente indietro perché lì sarebbe arrivato l’inferno.E mentre tornavo indietro con i cavalli al galoppo, dentro di me, ho tanto ringraziato quell’Ufficiale.
Questo incarico l’ho mantenuto anche dopo la disfatta di Caporetto arrivando a rifornire anche il fronte lungo il Piave dove, una notte, più precisamente verso l’alba, mentre stavo per rientrare al deposito, dopo aver scaricato e ricaricato il carro (già informato che si stava preparando un assalto), ho visto poco lontano, molti soldati italiani scivolare silenziosamente nelle acqua del Piave, per essere pronti ad attraversarlo e andare all’assalto contro gli austriaci che si trovavano nell’altra sponda.
Quei movimenti non promettevano niente di buono, per questo mi sono allontanato velocemente.
Infatti, poco dopo, la nostra Artiglieria ha aperto il fuoco sulle postazioni austriache per preparare l’assalto di quei poveri “Cristi” che erano in mezzo all’acqua del Piave».
Io in quel periodo – da ragazzo quale ero – ho detto a nonno Luigi “Ma nonno, quando hai visto che la guerra era così brutta, non potevi fuggire e tornare a casa?“. La sua risposta l’ho ancora impressa nella mente.
«Caro Tullio, quell’azione sarebbe stata la cosa più brutta di tutta la guerra perché era come tradire sia i miei fratelli Domenico, Pasquale e Agostino, che erano in altri campi di battaglia e forse in quelli che stavo rifornendo io, sia i tanti commilitoni provenienti da tutta Italia o, ancora peggio, tradire i morti, i feriti, i prigionieri, i dispersi.
Fra questi vi era proprio mio fratello Domenico che, dopo essere stato ferito, fu fatto prigioniero e lì deceduto.
Questi soldati hanno dato tutto per la Patria ma, purtroppo, non è stato sufficiente visto che pochi decenni dopo è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale dove hanno servito con onore anche i miei figli: tuo zio Bruno e tuo padre Anselmo».
Martini Pasquale
di Giuseppe e di Dell’Onte Rosa
nato nel comune di Fossombrone, PU, il 6 gennaio 1894
Nel 1914 residente nel comune di Sorbolongo, PU
Mandamento di Mondavio, Circondario di Pesaro
Distretto Militare di Pesaro
- Soldato di leva 1^ Cat. cl. 1894
- 24 marzo 1914 – Distretto di Pesaro e lasciato in congedo ill.
- 12 settembre 1914 – Chiamato alle armi e giunto
- 26 settembre 1914 – Tale nel 5° Regg. Artiglieria da Forteza, 6° Compagnia specialità Costa
- 10 gennaio 1915 – Trasferito alla 10° Compagnia
- 22 maggio 1915 – Tale in territorio dichiarato in istato di guerra
- 1 gennaio 1917 – Trattenuto alle armi per mobilitazione
- 12 settembre 1919 – Tale nel 5° Regg. Artiglieria da Fortezza e mandato in congedo illimitato*
Martini Agostino
di Giuseppe e di Dell’Onte Rosa
nato nel comune di Fossombrone, PU, il 14 agosto 1897
Nel 1916 residente nel comune di Orciano di Pesaro, PU
Mandamento di Mondavio, Circondario di Pesaro
Distretto Militare di Pesaro
- Soldato di leva 1^ Cat. cl. 1897
- 31 maggio 1916 – Distretto di Pesaro e lasciato in congedo ill.
- 22 settembre 1916 – Chiamato alle armi e giunto
- 11 ottobre 1916 – Tale nel Deposito del 4° Regg. Bersaglieri
- 4 marzo 1917 – Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra
- 1 aprile 1917 – Tale nel 20° Regg. Bersaglieri
- 5 maggio 1920 – Tale nel Deposito in Bologna del Regg. Bersaglieri e mandato in congedo ill.
- 22 giugno 1922 – Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà e onore*
*tutte le informazioni sono state confrontate dal Sig. Tullio Martini con i documenti dell’Archivio di Stato