Arnaldo Mauri pilota di guerra
Estratto dal libro ““Pesaresi nella guerra. Quattro storie di dignità e coraggio” a cura di Giuseppe Mari, ANPI Pesaro e Urbino
I: La prima operazione quando è stata?
M: Il 10 giugno 1940
I: Il giorno della dichiarazione di guerra; dove sei andato?
M: Di scorta ai bombardieri su Ajaccio.
I: Quanti eravate?
M: Una ventina di bombardieri ed una quindicina di caccia. Hanno sganciato le bombe, noi dovevamo intervenire se gli aerei francesi si fossero mossi…
I: E l’antiaerea?
M: Hanno sparato qualche colpo, ma la guerra contro la Francia è stata una cosa sportiva più che altro. Dopo siamo andati su Nantes, e lì è cambiata la storia anche se sono convinto che i francesi all’inizio della guerra non erano molto preparati, nemmeno loro avevano grandi mezzi. Gli inglesi invece sì, ritengo che abbiano avuto sempre un’ottima organizzazione e che soprattutto sapevano come fare la guerra. Gli inglesi, come i tedeschi, secondo me erano più organizzati non un po’ faciloni come siamo noi, come del resto erano i francesi e gli spagnoli, i latini insomma che sono più improvvisatori. Gli inglesi li abbiamo visti su Malta; all’inizio non erano molti, poi sono aumentati. Quando è arrivato il primo convoglio nel ’40/41, hanno cominciato ad arrivare gli “Spitfire”, quando si è allentata la pressione tedesca sull’Inghilterra hanno potuto stornare dei piloti e li hanno mandati nel Mediterraneo. Sono arrivati che avevano fatto la battaglia d’Inghilterra; a Malta allora è cambiata la storia. A noi avevano cambiato gli aeroplani, ma secondo me i nostri erano sempre inferiori rispetto a quelli inglesi. […]
I: Quali sono gli episodi che più particolarmente ricordi di queste battaglie?
M: Nei primi periodi sono state forse le scorte ai bombardieri tedeschi in picchiata su Malta; andavano giù con gli Stukas e noi gli andavamo di scorta. Erano spedizioni molto pericolose. Difficili erano anche le scorte ai bombardieri siluranti sulla flotta inglese: in questi casi abbiamo sempre incontrato una fortissima reazione; erano forti gli inglesi…la loro flotta era veramente grande, sparavano e lo facevano bene […]
I: Ma torniamo alla tua personale vicenda di guerra: vorrei che a questo punto tu raccontassi alcuni episodi proprio tuoi personali, come quando hai abbattuto qualcuno, quando ti hanno abbattuto.
M: Quel mitragliamento su Malta nel 1941 di cui ho detto, che è stato una cosa pazzesca perché non valeva la pena di farlo: andare giù con 4 o 5 aerei a sparare contro l’aeroporto con le mitragliatrici. È stata più che altro – almeno io credo – un’azione dimostrativa per far vedere ai tedeschi che anche noi sapevamo fare certe cose. È stata una cosa molto difficile: scendere a dieci metri da terra, sparare pigliando tutte le cannonate, tanto è vero che la metà di noi non è rientrata.
Poi ricordo un altro combattimento contro il “garret” americano mentre bombardavano Messina, dove sono rimasto ferito. Stavamo andando verso l’Africa ma eravamo fermi a Reggio Calabria per fare rifornimento ad un aeroplano. Lì siamo stati avvertiti per una missione aerea. Io prima degli altri ho attaccato la formazione e mi hanno ferito. Poi mi hanno abbattuto in Africa nel ’43.
I: Ti hanno preso prigioniero?
M: No, prigioniero mi hanno preso dopo. Quell’episodio del mio abbattimento è stato una favola: mentre stavo sparando contro un aereo, da dietro è arrivato un altro che non avevo visto, e mi ha buttato giù. Andavamo a velocità pazzesca, all’incirca 700km/ora a una quota di 7.500 metri. Con l’aeroplano in fiamme ho tentato di lanciarmi col paracadute, non sono riuscito perché volavo troppo veloce: per la troppa velocità non sono riuscito a buttarmi fuori; allora non c’era l’espulsione automatica. […]
Sembravo spacciato, ma sono riuscito ad arrivare vicino a terra e ho atterrato a una velocità pazzesca in mezzo al deserto. Mi è andata proprio bene, ho riportato delle lussazioni, delle ferite leggere, ma il guaio è venuto dopo, perché mi son trovato solo in mezzo al deserto. Sapevo dov’ero, tra 100 e 150 km dalle linee; non c’erano linee ben definite, c’era la “Maret Line”, la linea del mare e io sono stato abbattuto in un territorio all’interno. Ho camminato tre giorni e quattro notti senza mangiare né bere; ho fatto sui 150 chilometri a piedi. [..]
La raffica con la quale sono stato abbattuto mi ha preso in pieno, ha fatto saltare il parabrezza e l’aereo ha cominciato a prendere fuoco. Sono atterrato senza carrello, sono riuscito a mettermi in senso orizzontale e sono arrivato così: poi, brrruumm!