Settimo
di otto figli, quando il 15
Luglio 1895 nacque
a Pesaro Adeodato
Ugolini, i genitori
– Giuseppe e Zelmira
Gentili - benestanti proprietari
terrieri pensarono già
di farne un attivo uomo d’affari,
avveduto e capace nel gestire
e consolidare i beni di famiglia.
Mandato, quindicenne, nel
lontano Piemonte a frequentare
la Scuola di viticoltura
ed enologia “Umberto
I”, ad Alba,
la lasciava nel Novembre
del 1913 per arruolarsi
– volontario –
nel Regio Esercito,
anticipando di un anno il
servizio di leva.
Nominato Caporale di Artiglieria
Ugolini era
assegnato al 3° Reggimento
Artiglieria da campagna.
Poi mobilitato e promosso
Sergente (1914),
era raggiunto dalla dolorosa
notizia della morte del padre
ottenendo un periodo di congedo
per poter ritornare a Pesaro.
Tuttavia una permanenza breve
perché, quando il 24
Maggio dell’anno
dopo…il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio
dei primi fanti…,
Adeodato
ripartiva volontario per la
guerra.
Ammesso a frequentare uno
dei corsi accelerati per Allievi
Ufficiali, lo concludeva –
Sottotenente –
con l’invio in zona
d’operazioni. Dimostrandosi
valoroso combattente e ottimo
Ufficiale durante gli anni
più difficili del conflitto,
nel Giugno del 1918,
già Tenente, si
distingueva soprattutto sul
medio Piave ove –
come recita il Bollettino
del 15 Giugno
firmato da Diaz –
“…la lotta
di fuoco ha assunto e mantiene
carattere di estrema violenza…”.
Non casualmente, il giorno
avanti, a Salettuol,
il comportamento del giovane
Ufficiale si era dimostrato
tale da meritare una prima
ricompensa al Valor Militare
: una Medaglia di Bronzo,
il cui “brevetto”
è andato disperso a causa
degli eventi di quegli anni.
Al termine del conflitto,
potendosi fregiare anche di
tre Croci di Guerra,
il Tenente Ugolini
decideva di unirsi con entusiasmo
a Gabriele D’Annunzio
per partecipare, da Legionario,
alla impresa di Fiume.
Soltanto dopo l’epilogo
di quella “ventura”,
egli riteneva fosse ormai
tempo di ritornare a Pesaro
ed intraprendere le importanti
attività a suo tempo
per lui “pensate”
dai genitori.
L’approccio alla vita
civile coincise con un evento
felice : le nozze, nel Maggio
del ’22, con
Cecilia Paci - allietate
dalla nascita di due bimbi
– seguite dalla presa
d’atto che la mancanza
della sapiente guida paterna,
oltre al vuoto affettivo,
lo obbligava ad assumere tra
l’altro la stimolante
responsabilità di ereditare
e gestire l’istituto
di credito privato “Banca
Ugolini”, a quel tempo
influente punto di riferimento
nel panorama economico cittadino.
Con piena disponibilità,
Adeodato
affrontò in prima persona
il compito di governarla operando
buoni investimenti e promettenti
iniziative di carattere associativo
sino alle soglie della nota
“crisi” del ’29
le cui gravi conseguenze
ed il fallimento di un importante
ente turistico, si abbatterono
anche su alcuni Istituti bancari
pesaresi, costretti a chiudere.
La “Ugolini” tra
questi.
Pur riuscendo ad ottenere
un onorevole concordato con
i creditori, era purtroppo
inevitabile il completo sacrificio
di capitali e sostanze. Per
Adeodato
un momento economicamente
e moralmente assai difficile
: sia perché impossibilitato
ad accedere ad altre attività
imprenditoriali sia per la
sofferta prematura scomparsa
del primogenito Giuseppe.
Aiutarono a superarlo il profondo
amor di Patria, mai venuto
meno, e le sue spiccate attitudini
di Ufficiale dimostrate sui
fronti di guerra. Trascorsi,
questi, che ebbero il merito
di sospingerlo a risalire
la china indicandogli la nuova
e definitiva via da seguire.
Conseguente a tale scelta
il “naturale”
ritorno alla vita militare
ed il rientro, volontario,
nei ranghi dell’Esercito
con l’intento, la volontà
di rimanervi in servizio permanente.
Aspirazione per altro favorita
dall’accendersi del
conflitto Italo-Etiopico
(1935) che richiedeva
l’invio in Africa
Orientale di truppe e
Ufficiali d’esperienza.
Per il Tenente Ugolini,
subito prescelto, l’inizio
di una lunga permanenza
- in Colonia – che salvo
brevi periodi di licenza,
si sarebbe protratta senza
soluzione di continuità
sino al supremo sacrificio.
Già nel corso dei sette
mesi di Campagna, conclusi
con la vittoriosa conquista
di Addis Abeba, Adeodato
dimostrava le innate
virtù, di coraggio e
di comportamento, confermate
anche nella successiva, impegnativa
e rischiosa attività
di “polizia coloniale”
svolta in Somalia (
1936 – 1939
) durante la quale, promosso
Capitano, seppe operare
con spirito di iniziativa
e decisione.
Pur di temperamento chiuso
e severo, infondeva nei sottoposti
di truppa e nei giovani Ufficiali
dipendenti, serietà e
senso del dovere, ritenute
qualità indispensabili
nella prospettiva di affrontare
l’imminente nuovo Conflitto
Mondiale in condizioni
di inferiorità tali per
cui – egli ne era convinto
– ne sarebbero uscita
salva soprattutto la dignità
del soldato e dell’uomo.
Con l’entrata in guerra
dell’Italia, il Capitano
“risaliva” il
continente africano dalla
calura degli altipiani alla
Libia, perché
assegnato al 204°
Reggimento Artiglieria della
4^ Divisione CC.NN. ,
“ Tre Gennaio”.
Appartenente ad un gruppo
“75” CK, Ugolini
assumeva il comando di una
batteria 75/27 attestata,
in prima linea, a
Sidi el Barrani, in vista
di una probabile ripresa dell’avanzata
; posizione che invece veniva
subito investita dall’improvvisa
offensiva “Compass”
scatenata dei britannici il
9 e 10 Dicembre 1940.
Ai reparti nazionali più
esposti non restava –
prima di soccombere - che
affrontare l’impari
confronto opponendo ai dilaganti
blindati avversari, più
che il fuoco di scarse e inadeguate
armi, decisione e valore quasi
sovrumani, riuscendo a contenerne
l’impeto per ore ed
ore. Ricostruendo
le fasi iniziali della battaglia,
il noto storico inglese Liddel
Hart ha scritto, lapidario
: “…gli artiglieri
nemici continuarono a sparare
finchè non vennero sterminati
“.
Con gravissime ferite al volto,
un polpaccio asportato, pur
non intendendo abbandonare
la postazione ed i pochi supertiti,
Adeodato era
al fine catturato ed
avviato all’ospedale
Anglo-Svizzero di Alessandria
d’Egitto dove,
nonostante le immediate cure
del personale medico, vi decedeva
il giorno di Natale ed
era sepolto con gli onori
militari.
I comandi italiani di settore
avanzarono proposta affinché
gli venisse conferita “sul
campo” la massima ricompensa
al Valor Militare, accompagnata
da una esemplare motivazione
ed anche il benemerito Maggiore
Paolo Caccia Dominioni,
nel suo noto libro di memorie
“El Alamein”,
riportava che fra i caduti
tumulati nel grande sacrario
di quella storica località,
riposava la…”Medaglia
d’Oro, Capitano
Adeodato Ugolini”.
E così venne inciso,
a caratteri d’oro, sul
suo loculo.
Ai congiunti –
in Pesaro –
la notizia della prigionia,
appresa con comprensibile
sconcerto, aprì tuttavia
un lungo tempo di speranza.
Sei mesi esso durò.
Poi la conferma che il Capitano
non sarebbe più ritornato.
I molti anni trascorsi da
quegli eventi e da quel dono
estremo, la possibilità
del figliolo Prof. Paolo,
di recarsi in Egitto
ad onorare la tomba del padre,
non hanno tuttavia attenuato
la delusione profonda provata
dai familiari nell’apprendere
che con Decreto in data
30.8.1952, alla memoria
del Capitano Ugolini
era stata conferita la Medaglia
d’Argento al V.M.
la cui motivazione presentava
maldestre mutilazioni al testo
di quella originale specie
nella sua parte più significativa,
ov’era ben delineato
l’aspetto strettamente
militare della sua azione
tesa a tenere il nemico a
distanza…distruggendone
i mezzi, scompigliandone formazioni
e costringendole più
volte a ripiegare in disordine.
Sotto violento, intenso e
concentrato fuoco di controbatteria
e quello rabbioso delle armi
automatiche dei mezzi corazzati
nemici che falciavano in massa
gli uomini sui pezzi arroventati
e distruggeva il materiale,
con le munizioni quasi esaurite,
nonostante l’imperversare
del ghibli, offriva dura,
ostinata, eroica resistenza
deciso al sacrificio piuttosto
che cedere alle soverchianti
forze nemiche…
Anche nel lontano sacrario,
il vento del deserto e la
complicità di uomini
immemori, artefici di un immeritato
e ingiustificato declassamento,
contribuivano a disperdere
le lettere dorate. Giammai
il ricordo e il “valore”
di tanto generoso e fulgido
sacrificio.